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Sala conferenze - Hotel Ala d'Oro

Via Matteotti, 56 - 48022 Lugo di Romagna - (Ravenna) - Italia
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lunedì 23 giugno 2014

I lettori del "GARGANTUA e PANTAGRUELE"

Sabato 21 giugno con la Maratona Letteraria dedicata al “Gargantua e Pantagruele” di Francois Rabelais si è conclusa la decima stagione del Caffè Letterario di Lugo. Nella corte interna dell’Albergo Ala d’Oro, durante la fresca serata del solstizio d’estate, gustando un’ottima paella alla valenciana annaffiata abbondantemente di vini adeguati, più di venti lettori si sono alternati a declamare fra più bei passaggi di questo capolavoro comico della letteratura rinascimentale. Un grazie particolare alla “Associazione Entelechia” nelle persone di Gianluigi Caravita e  Marisa Galanti per l’indispensabile supporto tecnico e a tutti i “pantagruelistici” lettori. In ordine di apparizione:

Giovanni Barberini
Claudio Nostri
Patrizia Randi
Ivano Nanni
Bruno Cimatti
Sylvia Krantz
Gabriele Bersanetti
Luciana Masironi
Marco Sangiorgi
Massimo Berdondini
Silvia Nostri
Mimmo Della Corte
Paolo Cavassini
Carlo Pasi
Gianluigi Caravita
Gianni Casadio
Marisa Galanti
Andrea Tampieri
Paolo Gagliardi
Alessandro De Michele
Davide Ranalli

Queste le immagini.












La serata con LUIGI ZOJA

Queste le immagini della serata di venerdì 20 giugno con lo psicanalista Luigi Zoja che ha presentato il suo ultimo saggio “Utopie minimaliste” edito da Charelettere. L’incontro è stato introdotto da Paolo Galletti.
Il fallimento e gli orrori provocati del nazismo e dal comunismo ci hanno lasciati disillusi e disincantati rispetto a qualsiasi credo, orfani di un’ideologia plausibile. Si è fatto strada il convincimento che sia preferibile, se non intellettualmente onesto e moralmente doveroso, vivere senza ideologie, senza utopie.
"Beato il Paese che non ha bisogno di eroi", faceva dire a Galileo Bertolt Brecht. Tale disaffezione rispetto all’utopia e all’ideologia ha però di fatto consegnato le nostre società al neoliberismo e al consumismo, a tutti gli effetti una nuova fede che proclama il dogma del profitto e dell’avere come diritto e fonte di felicità. Un sogno di breve durata, questo, che le ricorrenti crisi economiche hanno provveduto a demolire.
Che fare, dunque? Assumendo la categoria dell’utopia come criterio di riferimento, possiamo dire che noi contemporanei ci troviamo stretti fra il fallimento e l’esaurimento delle utopie del Novecento e la constatazione che una rinuncia totale e assoluta ad esse non porta a nulla, solo a quell’utopia mascherata che è il liberismo consumista. Come uscire da questa aporia, esistenziale e culturale? E immaginabile una terza via all’utopia? Tornando alla citazione di Bertolt Brecht: è immaginabile un mondo più desiderabile anche senza eroi, destinati a rovesciarsi in modelli negativi?





martedì 17 giugno 2014

Sabato 21 giugno - Festa e Lettura di fine stagione con il "GARGANTUA E PANTAGRUELE" di Francois Rabelais-

Con una maratona letteraria dedicata al “Gargantua e Pantagruele”, capolavoro comico di François Rabelais, sabato 21 giugno alle ore 20.30,  solstizio d’estate, nel cortile interno dell'Hotel Ala D'oro si concluderà questa ricchissima stagione del Caffè Letterario di Lugo che ha visto in programma dall’ottobre scorso ad oggi ben 56 incontri. E quale migliore conclusione di questa decima stagione del Caffè Letterario poteva esserci se non la lettura collettiva del "Gargantua e Pantagruele" di Rabelais, romanzo comico-satirico, triviale e allo stesso tempo coltissimo, della grande letteratura occidentale, accompagnata da una pantagruelica cena a base di Paella Valenciana cucinata direttamente sul posto e innaffiata da barili di vino?
Insomma, una prima notte d’estate da trascorrere in allegria, fra amici, cenando, bevendo, leggendo ed ascoltando uno dei più grandi libri di sempre…
“Che se la sete non è presente, bevo per la sete futura.” (Lib 1 – Cap V)
Sostenete quindi il Caffè Letterario di Lugo partecipando numerosi a questa serata/festa di fine stagione.
La serata è organizzata in collaborazione con l’Associazione Culturale “Entelechia” a cui va un grandissimo grazie per l’organizzazione tecnico/letteraria della serata.
€. 25,00 per persona, bevande incluse
E’ consigliata la prenotazione!

Venerdì 20 giugno - LUIGI ZOJA al Caffè Letterario di Lugo

Mercoledì 20 giugno alle ore 21.00 nella Sala Conferenze dell'Hotel Ala D'oro, penultimo incontro della stagione per il Caffè Letterario di Lugo con il psocoanalista Luigi Zoja che presenterà il suo ultimo saggio “Utopie minimaliste” edito da Chiarelettere. A introdurre la serata che si concluderà come d’abitudine con il consueto brindisi offerto a tutti i presenti sarà Paolo Galletti.
Le utopie massimaliste hanno dominato il secolo scorso. Con la promessa di un mondo migliore hanno acceso passioni viscerali seminando violenze peggiori di quelle che volevano combattere. Ma la nostra società senza utopie, minacciata da un fatalismo di massa, rappresenta uno scenario altrettanto preoccupante. In questo libro Luigi Zoja, da sempre interessato alla psicologia degli eventi sociali, mette in scena una trama finora inesplorata dell’utopia, con una straordinaria ricchezza di riferimenti storici, sociali ed economici.
Le utopie minimaliste occupano uno spazio psicologico prima che politico, non impongono modelli dall’esterno ma propongono un cambiamento interiore che passa, tra l’altro, dal rispetto dell’ambiente in cui viviamo, degli altri come anche degli animali, dei ritmi naturali del corpo e della mente. Un lavoro anzitutto di coscienza (nel doppio senso di consapevolezza e moralità), che può disegnare la strada verso un mondo più desiderabile.
Luigi Zoja, saggista e psicoanalista, si è laureato in Economia e ha svolto ricerche anche in ambito storico e sociologico. Tra i suoi libri ricordiamo: IL GESTO DI ETTORE (2000) e PARANOIA (2011), pubblicati da Bollati Boringhieri.

La celebrazione del "BLOOMSDAY" al Caffè Letterario di Lugo

Oltre settanta persone hanno partecipato ieri sera nella Sala Conferenze dell’Ala d’Oro al primo “Bloomsday” lughese. Il Bloomsday, che si tiene annualmente il 16 giugno a Dublino ed in altre parti del mondo celebra lo scrittore irlandese James Joyce e rievoca gli eventi dell'Ulisse, il suo romanzo più celebre che si svolge in una sola giornata, il 16 giugno 1904, a Dublino. Ospite e relatore della serata Martin Dodman docente di Educazione Comparata nella Facoltà di Scienze della Formazione all’Università di Bolzano. 








giovedì 12 giugno 2014

Lunedì 16 giugno - BLOOMSDAY con MARTIN DODMAN

Lunedì 16 giugno alle ore 21.00, nella Sala Conferenze dell'Hotel Ala D'oro, con una conferenza di Martin Dodman il Caffè Letterario di Lugo celebra il “Bloomsday”, commemorazione che si tiene annualmente il 16 giugno a Dublino ed in altre parti del mondo per celebrare lo scrittore irlandese James Joyce e che rievoca gli eventi dell'Ulisse, il suo romanzo più celebre che si svolge in una sola giornata, il 16 giugno 1904, a Dublino.
Leopold Bloom è il protagonista di “Ulysses”, nel quale ha una funzione parallela a quella di Ulisse nell' Odissea omerica. Come l'eroe greco nell' Odissea, anche Leopold Bloom non è presente all'inizio della vicenda e appare solo nel capitolo quarto, il primo della seconda parte, corrispondente all'episodio di Calipso dell' Odissea. Joyce introduce Bloom con queste famose parole:
« Mr Leopold Bloom mangiava con gran gusto le interiora di animali e volatili. Gli piaceva la spessa minestra di rigaglie, gozzi piccanti, un cuore ripieno di arrosto, fette di fegato impanate e fritte, uova di merluzzo fritte. Più di tutto gli piacevano i rognoni di castrato alla griglia che gli lasciavano nel palato un fine gusto d'urina leggermente aromatica.»
Martin Dodman è nato a Norwich (GB) nel 1951. Si è laureato in Letteratura e Storia a “The College of Arts and Technology”, Cambridge e si è specializzato in Linguistica e Letteratura comparata alla Columbia University di New York. Attualmente è docente di Educazione Comparata nella Facoltà di Scienze della Formazione all’Università di Bolzano.

“Ed ora qualcosa si completamente diverso” di VITTORIO MUSCA

Sull'incontro di sabato 31 maggio con la scrittore Cristiano Cavina che ha presentato il suo romanzo “Inutile Tentare Imprigionare Sogni” edito da Marcos y Marcos.

Ora, io non voglio che si creda che sottovaluti l’autore di cui andrò a scrivere di seguito. Nelle mie recensioni provo sempre a tirare fuori degli aspetti che mi appaiono evidenti del libro, della serata o dello scrittore di cui propongo delle analisi e giuro d’averlo fatto anche nel caso di Cavina che alla libreria “Alfabeta” ha presentato il suo ultimo lavoro “Inutile tentare imprigionare sogni”. Il titolo originario doveva essere “Inutile tentare istruire scemi”, acronimo dell’ITIS, prima di Faenza e poi di Imola, teatro della storia narrata che è poi resoconto dell’adolescenza studentesca dell’autore, ma gli editori hanno evidentemente puntato su qualcosa di più poetico.
Ho pensato al Vamba di Gianburrasca, unico testo che affronta il mondo della scuola con freschezza e leggerezza come fa l’autore romagnolo, provando a raccontare non solo la tristezza, ma anche le situazioni comiche e ludiche di cui la scuola è piena e forse qui mi sarei dovuto fermare nelle associazioni letterarie. Però in Cavina, insieme agli aspetti goliardici ed umoristici, non mancano sfaccettature nostalgiche e tenere che avvicinano in alcune pagine l’autore ad una letteratura più ricercata. M’è allora venuto in mente Proust; certo Casole non è il Faubourg Saint-Germain, e Ubaldo ha tutt’altre ambizioni rispetto a Marcel, e gli anni ottanta in Italia non sono l’inizio del Novecento a Parigi, e…Niente, Proust credo sia troppo, lo ammetterebbe anche l’autore che cita in un passaggio quello delle antologie scolastiche delle madeleine. Raccontando di una precedente conferenza insieme ad uno scrittore più affermato ed esponendo le tecniche ed i metodi di scrittura posti in comparazione è Cavina stesso a mostrare delle differenze. Ci sarebbe l’ “Agostino” di Moravia, come si suggerisce durante la presentazione del libro, ma mentre da un lato Moravia è più strutturato e più letterato, Cavina fornisce ad i suoi personaggi, per scelta e per spontaneità di stile, un linguaggio adolescente e giovane che è quasi oltre il parlato, pulito e fresco e semplice.
Le ragioni per cui scrive il Cavina sono indubbiamente meritorie; quel desiderio di salvare la “periferia della periferia” di cui si parla solo per fatti di cronaca nera senza mai raccontarne l’umanità, la forte vena nostalgica, i colori acquarello di alcune pagine di “Romagna mia”, il bisogno di comunicare un sincero affetto, quasi un amore per parenti o amici o familiari, che, per una traccia etnica e culturale nella Romagna cui l’autore appartiene è ben difficile esprimere in maniera diretta nella vita reale e per cui è necessario il filtro ed il medium del libro perché venga alla luce. C’è una critica alla critica continua dell’ambiente scolastico, che non formerebbe più a detta di molti e che invece, dice chiaramente Cavina, nulla può contro le richieste e le “politiche” interne al nucleo familiare. Ma non c’è mai conflitto nelle pagine del libro, neanche nelle scazzottate occasionali o nei “giochi” tra ragazzi” ma sempre l’intenzione di sottolineare la solidarietà e l’affetto che lega non solo compagni di scuola, ma anche membri di una famiglia o generazioni differenti tra loro. Ci sono riflessioni crude sull’utilità della scuola nell’insegnare che il mondo non è “per qualcuno” ma sempre “contro qualcuno”.
I tratti seri, quindi, nel testo non mancano, ma si nascondono come imbarazzati, come se l’autore non si sentisse quasi degno di dire la sua, utilizzando certi toni, in merito a certi argomenti ed allora ci si scherza su, mentre si presenta il libro e mentre se ne raccontano frammenti: il “magari” sotto la sagoma della donna sulla porta dei bagni in un istituto frequentato da soli ragazzi, l’iscrizione all’industriale ad opera della madre e, come per uno Scajola ante-litteram, “all’insaputa dell’interessato”, la scelta della vita solo di piani B, tutti ugualmente fallimentari, il ricordo di compagni di scuola che al primo anno di liceo si presentano con la patente, la passione per i professori, studiati nel loro dedicarsi più o meno insegnamente al proprio lavoro, le biografie grottesche dei docenti, degli studenti, degli alunni, e di chiunque si movesse tra casa e scuola e tanti altri ancora sarebbe gli esempi da presentare.
Belli comunque gli anni di scuola, si sente che è vero il ricordarli di Cavina, una persona normale, che fa una vita normale, che raccoglie e salva memorie, che è vecchio e giovane insieme nel parlarne. È davvero difficile trovarci della letteratura nell’opera del Cavina, ma c’è una tale gioia di vivere, tanto la felicità quanto i dolori che la vita ci offre nel suo raccontare, che non dispiace affatto che ci sia chi ancora racconta come fosse in riva al mare o seduto di fronte alla porta di casa con amici e pietre che si conoscon da anni, anzi, fa quasi piacere pensare con Rimbaud, che sia quasi un bene che tutto vada e venga regalato così, almeno per una volta che “l’arte sia completamente inutile”.
di Vittorio Musca

“Paul Ginsborg – Lectio magistralis” di VITTORIO MUSCA


Sull'incontro di mercoledì 28 maggio con la storico Paul Ginsborg che ha presentato il suo libro “Famiglia Novecento” edito da Einaudi.

I grandi uomini, siano essi scrittori o politici o religiosi o appartenenti ad una qualsiasi altra categoria umana, sono tutti più o meno segnati dalla seguente caratteristica: si abbassano all’umiltà dell’oggetto del proprio interesse senza umiliarsi ad esso e nobilitando, quasi grazie al proprio intervento, quasi attirandolo a se, l’umiltà della cosa stessa.
Paul Ginsborg, docente universitario prima in Inghilterra e da qualche anno a Firenze, riconosciuto internazionalmente come storico, prevalentemente della contemporaneità, quasi documentarista della stessa, è una di queste figure.
Il suo volto e la sua persona, mentre viene introdotto il suo ultimo lavoro “Famiglia Novecento”, è velato di serenità e mitezza, guarda quasi nascondendosi il suo libro come sorpreso, come se reciprocamente, il testo e l’autore non si conoscessero e sembra quasi implorare lo stesso di non dire troppo o di non consentire che troppo si dica di lui.
A presentare il volume con lui c’è l’amico e docente anch’egli presso l’Università di Firenze, Arnaldo Bruni. Il collega traccia di Ginsborg una descrizione fatta di domande a cui poi l’autore risponderà in quella che sembra più una lectio magistralis che non solo la presentazione di un libro. Sottolinea, il Bruni, la polifonia del testo, la forte presenza delle donne, con un’attenzione alla lingua da letterato più da storico, evidenziando come Ginsborg passi dal registro della letteratura a quello della storiografia con estrema disinvoltura.
Il libro si presenta ricco di storie, di episodi di vita di grandi personaggi, di progetti ed utopie e visioni della famiglia del mondo che si mostrano collegate le une alle altre in un flusso continuo, arriccehndosi poi di molte foto, di riproduzioni di quadri e concludendosi, solo alla fine con accenni a riferimenti a dati storici e fonti storiografiche.
Un saggio storico quello da lui scritto che porta Ginsborg a passare dalla storia nazionale (numerosi i suoi testi sull’Italia contemporanea da “Berlusconi” a “La democrazia che non c’è” a “Salviamo l’Italia” per concludere poi una serie di saggi in cui uno è la risposta a quello precedente con “Tempo di cambiare”) alla grande storia filtrata dalla prospettiva familiare. La ragione per cui l’autore si dedica a tale tema è espressa dallo stesso quando afferma che la famiglia, così importante in Italia, ha ricevuto poca attenzione tra gli studiosi.
Un’opera monumentale la sua, che prepara ad un secondo volume sulla seconda metà del secolo scorso e che presenta dei limiti, come confessa esplicitamente Ginsborg, uno tra tanti la mancanza di una storia della famiglia attraverso il cinema.
Numerose le immagini, invece, molte delle quali sono usate dall’autore per esporre alcuni passaggi del testo; si va così dalla Kolontai, compagna di Lenin e molto aperta nelle sue posizioni al superamento della famiglia tradizionale a Marinetti che da futurista vuole abbattere la famiglia in cui i vecchi schiacciano i giovani, ma poi, come sostengono i suoi ammiratori, nel più futurista dei silenzi accetta le condizioni della moglie nella gestione del proprio nucleo familiare ed in contrapposizione all’artista si pone Gramsci, il pensatore che vede nella famiglia l’organo morale della società, per passare poi alla Germania nazista e alle raffigurazioni ai tempi di Weimar ed alle foto di Goebbels per il suo matrimonio e ai quadri amati da Hitler o ancora a quelli apprezzati o scartati da Mussolini nella raffigurazione della famiglia italiana e ancora le famiglie spagnole in fuga da Franco o le idee della moglie di Ataturk, padre dei turchi, e le prospettive culturali e la doppia prospettiva sulla vita familiare accompagnate dai commenti in merito alle leggi sulle famiglie e tanto tanto altro ancora.
Le ore in compagnia di Ginsborg, come la lettura del suo libro, rapiti dall’eleganza e dalla sottile ironia con cui accompagna la presentazione della storia, semplificata nella sua dimensione familiare e quotidiana presentata dall’autore e si lascia la sala pieni di innumerevoli informazioni ed ancora golosi di sapere ancora e con una voglia commossa di esprimere la gratitudine all’autore per l’opera scritta, per lo stile espositivo e per l’umanità, la mitezza e la cortesia con cui il professore venuto dall’Inghilterra a spiegarci l’Italia si dedica ad ascoltatori e lettori.
di Vittorio Musca

La serata con GIOVANNI NADIANI

Queste le immagini della serata di ieri sera 11 giugno con lo scrittore faentino Giovanni Nadiani che ha presentato il suo ultimo lavoro “Ridente Town” edito da Edizioni Risguardi. Il “meticciato” linguistico e dei generi che Nadiani da sempre persegue in poesia e nella scrittura detta nel suo dialetto bastardo, trova un naturale pendant nei brevi testi in italiano scritti in presa diretta negli ultimi anni per giornali, riviste, antologie e blog vari, oppure depositati nel corso di decenni in taccuini di viaggio. Le scritture istantanee raccolte in “Ridente Town” , tutte attraversate da diverse forme di ironia, di humour e di registro si sbizzarriscono in un percorso che va dal pungente e caustico spunto aforistico al racconto sulla spesso comico-amara provincia italica; dall’aneddoto alla nota lirica di viaggio; dal monologo o dialogo “da bar” al commento di costume.

CONCERTO
A – Il massimo piacere psicofisico concesso all’essere umano sulla Terra, oltre a un riuscito orgasmo con la persona amata, è quello procuratogli dal suonare uno strumento musicale.
B -  Beh, anche soltanto ascoltare musica può procurargli piacere.
A – Giusto. La masturbazione delle orecchie.






mercoledì 11 giugno 2014

Mercoledì 11 giugno - GIOVANNI NADIANI al Caffè Letterario di Lugo

Mercoledì 11 giugno alle ore 21.00 nella Sala Conferenze dell'Hotel Ala d'Oro, ancora un incontro dedicato all’ironia e alla satira per il Caffè Letterario di Lugo con lo scrittore faentino Giovanni Nadiani che presenterà la sua raccolta di racconti “Ridente Town” edita da Edizioni Risguardi. A introdurre la serata sarà il curatore della nostra rassegna letteraria Marco Sangiorgi. La serata si concluderà come d’abitudine con il consueto brindisi offerto a tutti i presenti.
“Ridente Town” è una raccolta di scritture istantanee che si snodano in un percorso che va dal pungente e caustico aforisma al racconto comico-amaro sulla attuale provincia italica, dove protagoniste sono le ossessioni (lo sport, il sesso, il denaro, l’apparire, il senso della vita) dei personaggi, presi e persi nel conflitto tra i sessi o tra le generazioni, tra l’ipermodernità e un inconscio desiderio di una qualche identità.
Nato a Cassanigo di Cotignola nel 1954, Giovanni Nadiani è protagonista a tutto tondo della vita culturale e del panorama letterario e artistico non solo romagnolo. Poeta, scrittore, traduttore, docente e germanista, ha tradotto numerose opere di poeti e narratori tedeschi e neerlandesi, per i quali gli è stato conferito nel 1999 il Premio San Gerolamo dell’Associazione Italiana Interpreti e Traduttori. Vanta collaborazioni con la band di blue-jazz Faxtet e da qualche anno calca anche le scene come attore e interprete delle sue storie in quello che è stato felicemente chiamato Dialet-Cabaret, con il suo caratteristico stile ibrido che mette insieme il dialetto con le tante lingue diverse della contemporaneità.

Un pomeriggio comico con il TRIO MEDUSA

Queste le immagini dell’incontro di ieri pomeriggio 10 giugno con il “Trio Medusa” formato da Gabriele Corsi, Furio Corsetti, Giorgio Maria Daviddi, che hanno presentato il libro “Ho perZo le parole” edito da Garzanti.
Si tratta del primo libro nato da un lavoro a quattrocento e rotte mani tra gli autori e i lettori, che ne hanno reso possibile la realizzazione con centinaia di fotografie inviate o postate nelle bacheche social del Trio Medusa. Perché ecco cosa troverete dentro questo pezzo unico della letteratura mondiale: una galleria di cartelli grondanti assurdo linguaggio burocratico, di strafalcioni, di accostamenti esilaranti, spesso involontari. E perché tutti possano godere appieno e ritwittare nel mondo reale queste perle del genio umano, completano il volume otto cartoline con le immagini più belle, da ritagliare e spedire (o consegnare a mano) a chi vorrete, nell’occasione che vi sembrerà più adatta.  
Da sottolineare inoltre che il ricavato delle vendite del volume sarà devoluto al CESVI (organizzazione umanitaria laica e indipendente che opera in tutto il mondo per affrontare ogni tipo di emergenza e ricostruire la società civile dopo guerre e calamità) con il quale il Trio Medusa collabora da undici anni.