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Sala conferenze - Hotel Ala d'Oro

Via Matteotti, 56 - 48022 Lugo di Romagna - (Ravenna) - Italia
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giovedì 28 febbraio 2013

Venerdì 1 marzo - FULVIO DE NIGRIS a Caffè Letterario


Venerdì  1 marzo, alle ore 21.00, nella Sala Conferenze dell’Hotel Ala d’Oro, primo incontro del mese del Caffè Letterario di Lugo con il giornalista Fulvio De Nigris, direttore del “Centro Studi per la Ricerca sul Coma” nonché membro dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità,  che presenterà il suo libro “Sento che ci sei” edito da Rizzoli nel 2011. A introdurre la serata sarà Virgilio Ricci, presidente del comitato scientifico dell’Associazione di volontariato “PeNSo”  grazie alla quale è stato possibile organizzare questo incontro. Come sempre la serata si concluderà con il consueto brindisi per tutti i presenti.  
Con “Sento che ci sei” Fulvio De Nigris racconta l’esperienza del coma vissuta come rinascita, come un dialogo silenzioso trasformatosi in un intenso richiamo alla vita. Il dolore e la malattia di una persona cara sono esperienze estreme che spesso costringono chi le affronta a rimettere in discussione le proprie certezze, a cercare nuove forme di comunicazione e di relazione. Fulvio De Nigris ha perso un figlio dopo un lungo coma. Un’attesa che ha rifiutato di subire passivamente, e che ha vissuto giorno per giorno nel tentativo di reagire, scegliendo di accompagnare il figlio in un difficile cammino e di tornare a sentirlo vicino nell’apparente lontananza dello stato vegetativo. Quel gesto ora prosegue nell’attività della Casa dei Risvegli Luca De Nigris, un centro di riabilitazione e ricerca creato per promuovere un nuovo modello di assistenza; per contrapporre la cultura della cura alla prassi dell’abbandono; per insegnare a riconoscere la vita anche dove sembra essere assente.
Fulvio De Nigris, giornalista, è nato a Lusciano in provincia di Caserta nel 1952. Nel 1998, dopo la scomparsa del figlio Luca a seguito di un lungo coma ed una gara di solidarietà che l’aveva spinto in una clinica altamente specializzata di Innsbruck, si dedica assieme a Maria Vaccari, madre di Luca, ed all’associazione “Gli amici di Luca” alla creazione in Italia della “Casa dei Risvegli Luca De Nigris” un centro di assistenza e ricerca per giovani in coma. E’ attualmente direttore del “Centro Studi per la Ricerca sul Coma” una istituzione formata  dall’Università degli Studi di Bologna, il Comune di Bologna, l’Azienda USL di Bologna e l’associazione “Gli amici di Luca” che si autofinanzia per realizzare progetti di ricerca.
Dirige la rivista “Gli amici di Luca Magazine”.

domenica 24 febbraio 2013

"Barbe finte e baveri alzati" di IVANO NANNI


Sull'incontro di venerdì 22 febbraio con Mirella Serri e il suo libro  “Sorvegliati speciali. Gli intellettuali spiati dai gendarmi (1945- 1980)”, edito da Longanesi.

Subito dopo la fine dell'ultimo conflitto mondiale mentre in  tutta Europa non è ancora iniziata la ricostruzione, l'Unione Sovietica a Berlino, sull'Unter den Linden, inaugura nel 1947 con grande sfarzo la casa della Cultura. È una grande mossa strategica e scintillante di prospettive. Gli osservatori occidentali ne restano ammirati e sorpresi, considerato il momento. In Europa mancava tutto. La gente pativa le indicibili sofferenze postbelliche. Non c'era il carbone per riscaldarsi, il cibo non si trovava, le case erano distrutte, ovunque macerie e strade impraticabili. La gente languiva sotto miseri ripari e sopravviveva come poteva. In questo contesto catastrofico  il gioco di persuasione culturale comunista in territorio “straniero" inizia a prendere corpo.
            Nelle mire di Zdanov e del Piccolo Padre, il centro deve diventare la testa di ponte culturale con cui persuadere gli occidentali che il comunismo è la  via maestra per il progresso in ogni campo della vita.
            Tre anni prima, nel 1944, Togliatti torna in Italia e inizia ad organizzare il partito come una grande e ben oliata macchina di persuasione culturale. L'intento del capo del partito è quello di muovere contro la borghesia come se il partito fosse un'unica forza propulsiva. Da quel momento il partito diventa un gigantesco blocco monolitico che pensa come una mente unica e agisce come un corpo solo, forte della assoluta certezza dei propri principi e ben sostenuto dai concetti che determineranno l'egemonia culturale comunista. L'assalto alle cosidette “casematte borghesi” deve avvenire sul fronte di una pervasiva ed edificante costruzione culturale che investe ogni campo  della cultura: dal cinema alla letteratura, dal teatro alla pittura, alla filosofia, alle scienze. Sono numerosi gli intellettuali, professori emeriti, filosofi, critici letterari, artisti, uomini di teatro, scienziati che sono letteralmente reclutati nelle file dei comunisti per diffonderne il progetto.
            L'adesione al comunismo di moltissimi intellettuali, complica il quadro politico e insospettisce le questure che iniziano un lavoro certosino di ascolto. Occhi e orecchie polizieschi si moltiplicano e origliano indisturbati per anni ogni discorso. Ogni fremito rivoluzionario, ogni palpito sovversivo che si alzava da ogni convegno culturale indetto dai comunisti veniva puntigliosamente trascritto. Gli zero zero sette nostrani presenziavano alle più importanti inaugurazioni artistiche, agli spettacoli teatrali più dissacratori, alle premiazioni cinematografiche facendosi all'occasione non solo cronisti ma anche critici sottolineando con una certa brutalità e una punta di umorismo le kermesse artistiche, come quando bollano di “ barbarie dell'arte “  un' importante mostra di pittura, (giudicata dai questurini, orribile e inqualificabile),  che aveva come tema “l'arte contro la barbarie”.
            Il libro Di Mirella Serri “Sorvegliati speciali. Gli intellettuali spiati dai gendarmi (1945- 1980)”, racconta con ricchezza di informazioni come in questi anni si combatte a tutto campo una lotta per la supremazia politica e culturale mettendo in evidenza diversità, contraddizioni, paradossi, meschinità, indulgenze plenarie, disegni palesi e occulti di disgregazione sociale della politica e della cultura italiana, il tutto con la benedizione più o meno velata dei capi politici. 
            Si apprende che l' offensiva scelbiana contro la cultura comunista era organizzata dagli stessi personaggi che durante il fascismo comandavano i servizi di informazioni in quanto nelle fasi convulse del dopoguerra senza che avvenisse nessuna epurazione, questi funzionari erano rimasti ancorati alle loro poltrone. Avevano semplicemente sostituito il ritratto del Duce con quello del Presidente della Repubblica e cambiato la camicia che ora era di un bianco immacolato. Il caso di Guido Leto è emblematico. Capo dei servizi di informazioni durante il fascismo e nella Repubblica Sociale, non cambiò funzione, mantenne il suo ruolo ringraziando pure Togliatti e Nenni che volevano mettere mano ai registri della polizia politica fascista. In un simile clima di “ pacificazione” si può capire come sia stato facile indulgere su tutti gli intellettuali che prima erano con il regime ed ora non lo erano più. Traslare da un dominio a un altro non era  e non doveva essere un problema.
            La censura democristiana, con a capo l'intramontabile e faustiano Andreotti, metteva le ganasce alla ruota della cultura italiana ne ostacolava le libere espressioni e quando poteva bloccava eventi e spettacoli. Si comprende perciò quanto  per un artista, uno scrittore, un teatrante, fosse allettante entrare da una porta spalancata in una casa che offre riparo e privilegi, e Anna Maria Ortese, dice con disincanto fatale che, il comunismo rappresentava “il liberalismo d'emergenza” un porto sicuro dove iniziare una nuova vita culturale. Per molti anni tuttavia, questo approdo fu tutt'altro che quieto. Non c'era spazio per la critica.
            Ben poche furono le voci del dissenso. Molti furono quelli che non osarono mai contestare le parole d'ordine del partito e non criticarono mai decisioni o fatti che poi si rivelarono incontestabili. Si pagò un prezzo alto per avere avuto accesso a una nuova stagione espressiva, si barattò la dignità politica con ragioni di opportunismo, lo stesso che molti intellettuali comunisti riconobbero a se stessi quando militavano sotto il Fascio.
            L'eccessiva rigidità del partito, l'ossessione del controllo pervasivo su ogni aspetto della vita dei militanti, l'incubo di essere i migliori in un mondo di peggori che vogliono la distruzione del Bene, la carenza di critica politica, insieme “alla ridotta forza propulsiva della Rivoluzione d'Ottobre” (da una commento di Berlinguer), provocò la stagione della diaspora. Una nuova migrazione che interessò non solo gli intellettuali. Si presero le distanze dall'Unione Sovietica, si acuirono le critiche ai dirigenti sovietici e alla loro politica nei paesi satelliti, i capi comunisti italiani presero posizioni divergenti da Mosca, si isolarono e per un po' salvarono il partito e la dignità politica, ma il processo di disgregazione era iniziato e non si sarebbe più fermato.
di Ivano Nanni

            

sabato 23 febbraio 2013

La serata con MIRELLA SERRI


Nonostante le condizioni metereologiche decisamente avverse oltre quaranta persone hanno partecipato ieri sera, venerdì 22 febbraio, nel Salone Estense della Rocca di Lugo, all’incontro con Mirella Serri che ha presentato il suo ultimo saggio “Sorvegliati speciali. Gli intellettuali spiati dai gendarmi. (1945-1980)”, edito da Longanesi. Dopo la consueta relazione introduttiva del curatore di Caffè Letterario Marco Sangiorgi Mirella Serri ci ha raccontato come in questo libro sia riuscita a documentare, attraverso ricerche d’archivio, che una vera e propria caccia agli intellettuali  si è svolta dall’immediato dopoguerra fino agli anni ’80. Una caccia che probabilmente è proseguita fino ai nostri giorni ma data l’impossibilità di accedere ai documenti degli ultimi due decenni non è ancora dimostrabile; tuttavia l’esistenza di stretti sistemi di controllo vige anche oggi, come possiamo ben vedere dai casi delle intercettazioni.  «Adesso siamo controllati con altri sistemi, come si evince ad esempio dalle cronache sui vari scandali economico-finanziari. Esiste ancora quella che si chiamava “l’organizzazione del consenso”, con vere e proprie censure anche nei confronti di anchormen, opinionisti... Il problema è sempre quello del controllo. E forse oggi, ancor più che nel passato, c’è dipendenza degli intellettuali dal potere, anche nei confronti della parte politica a cui appartengono. È cambiata la fisionomia degli intellettuali, ma ancora oggi il loro dibattito è abbastanza bloccato. Si vuole controllare soprattutto l’informazione, la televisione. C’è sempre al fondo una lotta strettissima per il consenso, che può consistere nel mettere sotto accusa il Festival di Sanremo, così come ieri si faceva nei confronti della mostra di Guttuso».




giovedì 21 febbraio 2013

Venerdì 22 febbraio - MIRELLA SERRI a Caffè Letterario


Venerdì 22 febbraio, alle ore 21.00, nel Salone Estense della Rocca di Lugo, ultimo appuntamento del mese di Caffè Letterario con la giornalista e saggista romana Mirella Serri che presenterà il suo saggio uscito nel 2012 per i tipi di Longanesi “Sorvegliati speciali. Gli intellettuali spiati dai gendarmi (1945-1975)”. Marco Sangiorgi, curatore del Caffè Letterario di Lugo, avrà il compito di condurre la serata che si concluderà come d’abitudine con il consueto brindisi offerto a tutti i presenti.
Nessuno si aspetterebbe di ritrovarli in mattinali e rapporti riservatissimi della polizia. Eppure, i più importanti scrittori, pittori, registi, attori, filosofi, giornalisti italiani sono stati spiati per decenni. L'incredibile vicenda prende avvio nel dopoguerra e s'intensifica in epoca scelbiana quando si lavora intensamente per schedare l'intellighenzia di sinistra, che è ritenuta non solo un covo di potenziali sovversivi ma anche la longa manus della propaganda dei partiti dell'opposizione, i tentacoli di una polipesca operazione socialista e comunista per conquistare consensi. Emerge così dai rapporti di polizia il resoconto insolito di riunioni riservate, assemblee e conventicole che impegnano i più noti intellettuali di sinistra, dagli anni in cui si genuflettono al mito dell'Unione Sovietica agli incontri più carbonari e segreti degli anni Settanta. Lavorando su archivi fino a oggi mai esplorati, Mirella Serri riporta alla luce non solo la sotterranea caccia all'intellettuale scatenata dai governi a maggioranza democristiana ma anche il profilo nascosto della storia della cultura di sinistra in Italia, con le sue grandi illusioni e i suoi atroci abbagli. 
Mirella Serri è docente di Letteratura e giornalismo presso l’Università La Sapienza di Roma. Ha dedicato numerosi saggi ai maggiori scrittori contemporanei.  I suoi ultimi libri: “Il breve viaggio. Giaime Pintor nella Weimar nazista” e “I redenti. Gli intellettuali che vissero due volte. 1938-1948”. Ha realizzato trasmissioni culturali per la tv. Collabora a “L’espresso”, “La Stampa”, “Corriere della Sera-Magazine”.

mercoledì 20 febbraio 2013

"Credere e marciare" di IVANO NANNI


Sull'incontro di lunedì 18 febbraio con lo storico Emilio Gentile e il suo saggio “E fu subito regime. Il fascismo e la marcia su Roma” edito da Laterza.

Qui stiamo assistendo a una bella rivoluzione di giovani, ricca  di colore ed entusiasmo”  (Richard Child, ambasciatore americano a Roma, 1922).
  
Ottobre dev'essere un mese fatale per le rivoluzioni. Le due rivoluzioni epocali che hanno segnato il novecento sono nate in quel mese a distanza di qualche anno una dall'altra. Nel mese di ottobre del 1917, nella notte tra il 24 e il 25, a Pietrogrado Vladimir Ilic Ulianov prende il potere a palazzo Smolnj in maniera rocambolesca. Vi giunse in tram, con un parrucchino in testa e un berretto da proletario, ça va sans dire, non era il caso di mettersi un altro copricapo, e durante il tragitto venne fermato da una pattuglia di governativi. Venne scambiato per un ubriaco e lasciato andare. La Fortuna quel giorno era decisamente proletaria. Si può dire che l'occhio benevolo dei soldati salvò le sorti della rivoluzione. Se Lenin fosse finito in guardina probabilmente non ci sarebbe stata nessuna rivoluzione e di conseguenza molto altro a seguire. Sarebbe stato sufficiente che un maligno colpo di vento avesse fatto volare via il berretto e il parrucchino al capo bolscevico e molto sarebbe cambiato nella storia del novecento.
            Il giorno dopo Lev Troszkj annuncia ai soviet della città la presa del potere in Russia. La cosa rilevante fu, contrariamente a quanto qualcuno aveva previsto, la mancanza di eccidi. Ci pensò il grande regista Serghiej Eisenstein a realizzarne molti nella finzione cinematografica. Egli con stupefacente abilità organizzò la presa del palazzo d'inverno costruendo il primo tassello del mito della rivoluzione bolscevica. Dipinse con maestria e genio il primo quadro di un grande ciclo mitologico rivoluzionario con i suoi eroi, i suoi caduti e i suoi vinti. Qualche anno dopo, nel 1922, nel mese di ottobre, il giorno 28, nell'Italia liberale e parlamentare avviene qualcosa di straordinario. Qualcosa  che l'Europa liberale e pacificata dopo la Grande Guerra non ha mai visto prima. Avviene una rivoluzione simile a quella bolscevica ma di segno opposto. A farla sono i fascisti comandati dal maestro romagnolo Benito Mussolini che un giorno dopo la marcia su Roma il 29 ottobre, prende il treno da Milano per Roma e appena giunto in stazione annuncia fieramente, davanti a un popolo già fremente di proclami,  che finalmente l'Italia avrà un governo. Non sfuggono di certo le somiglianze con quell'altra rivoluzione. Qualcuno prima o poi si incaricherà di comparare le due rivoluzioni di ottobre, entrambe gemmazioni della Grande Guerra, e approfondirà analogie e diversità tra i due capi che se non altro avevano in comune l'uso dei mezzi pubblici per andare a prendersi il potere. Un potere che ad entrambi, sia a Lenin che a Mussolini, poteva fino all'ultimo sfuggire se con sagacia ed intuizione superiore non avessero colto l'attimo in cui si deve agire senza indugi. Se non si fossero trovati in quell' incrocio dei venti, in cui  la fortuna imponderabile, l'intuizione, l' azzardo  e la dialettica delle circostanze accidentali piega risolutamente verso la vittoria.
Quel “li fece fessi tutti” pronunciata da Cesare Rossi, definisce nel modo più calzante quanta scaltrezza e intuizione e fortuna e dabbenaggine (dall'altra parte) fossero in gioco.
            Come sia stato possibile che il figlio del fabbro di Predappio a digiuno di politica praticata, eccetto una breve esperienza come consigliere comunale a Milano possa essere diventato nel giro di un anno il capo del governo di un paese democratico manifestando apertamente intenzioni eversive, è il fulcro dello studio dello storico Emilio Gentile. Con il suo libro: “E fu subito regime, il fascismo e la marcia su Roma”,( ed. Laterza) lo storico analizza la portata epocale che fu la marcia su Roma, e ne racconta le implicazioni sul piano istituzionale che da quel giorno fatidico furono completamente sconvolte.
            Ebbene a questa domanda cruciale, vero snodo della nostra storia passata e presente, Emilio Gentile, fa notare coerentemente come i cervelloni che dovevano intuire cosa bollisse in pentola non si erano nemmeno accorti che la pentola era sul fuoco. Nel corso della lettura ci si accorge come grandi intellettuali e politologi e filosofi eminenti, e capi politici socialisti e comunisti non avessero minimamente intuito l'importanza della marcia su Roma. Si può dire che il sarcasmo con cui seppellirono quella “goffa kermesse” (A. Repaci), “una trascurabile adunata di utili idioti” (D. Sassoon), gli si rivolse contro pretendendo rispetto e gli interessi dovuti.
            Fu letteralmente incredibile come politici di provata fama, navigatissimi ministri e presidenti del consiglio, uomini delle opposizioni abbiano potuto lasciare in mano a un uomo di 39 anni senza arte politica collaudata le sorti della nazione, senza contrastarlo a nessun livello né secondo la legge, né in parlamento.
            Si ricorda nel libro che immediatamente furono chiari ed espliciti gli intenti del Duce e dei fascisti. Dissero chiaramente che volevano il potere, legalmente o illegalmente, per rovesciare il potere democratico costituito e, nessuno proprio nessuno, né liberali, né socialisti, che allora erano una forza schiacciante in Parlamento( 156 deputati), non ebbero il coraggio non solo di opporsi, ma nemmeno di far applicare le leggi contro le bande armate. Il fascismo fin da subito si era organizzato come milizia armata e aveva preso a spadroneggiare con inaudita violenza nelle città prendendole d'assalto e controllandole pienamente, mettendo al bando prefetti ostili e nemici politici, e per questo reato le milizie sarebbero  state penalmente perseguibili.
Ma nessuno osò intervenire. Sottovalutazione e pavidità furono  le brutte carte in mano al Parlamento e alla vecchia guardia politica. Per questo la marcia su Roma fu il personale trionfo politico di Mussolini che ebbe a gloriarsi delle 30000 camicie nere che ostentatamente bivaccavano a Nord di Roma, e della mobilitazione di oltre 300000 camerati nelle piazze d'Italia conferendo, di fatto, al fascismo il potere di governare la nazione. Il potere era già preso occorreva darne formalmente notizia a chi ancora non l'aveva capito e così accadde.
            Dal momento in cui Mussolini prese il potere iniziò l'opera di  smantellamento dello statuto democratico sotto gli occhi della classe politica liberale che impotente e chiusa nei suoi giochi politicisti sperava ancora di impastoiare i fascisti con la normale dialettica partitica. Tutti i partiti sotto la minaccia del bastone, votarono tutto quello che serviva al regime, già in atto, per consolidarsi. In un clima di minaccia per il Parlamento furono votate le leggi che imbavagliavano la stampa e la libertà di espressione, e fu votata la nascita di una milizia privata per Mussolini, e si accettò una legge che costituiva l'investitura di  “potere costituente” al fascismo. Albergava nelle menti dei vecchi politici l'idea che i fascisti non andassero contrastati ma che votando le loro richieste si potesse meglio controllarli e  farli cadere nelle trappole della dialettica politica. Non avevano per niente ragione come fu ben presto chiaro a tutti.
di Ivano Nanni

martedì 19 febbraio 2013

La serata con lo storico EMILIO GENTILE


Oltre cento persone hanno partecipato ieri sera all’incontro con lo storico Emilio Gentile che ha presentato il suo ultimo saggio “E fu subito regime. Il fascismo e la marcia su Roma” edito da Laterza. Un’altra bellissima serata per Caffè Letterario che dopo l’introduzione dello storico ravennate Paolo Cavassini che ha fatto gli onori di casa, si è trasformata in una formidabile “lectio magistralis” dello storico molisano sulla nascita del fascismo e sul suo avvento al potere. Queste le immagini della serata.






domenica 17 febbraio 2013

Lunedì 18 febbraio - EMILIO GENTILE a Caffè Letterario


Lunedì 18 febbraio, alle ore 21.00, nella Sala Conferenze dell’Hotel Ala d’Oro di Lugo, appuntamento clou del mese di Caffè Letterario con lo storico Emilio Gentile che presenterà il suo ultimo lavoro “E fu subito regime. Il fascismo e la marcia su Roma” edito da  Laterza. A condurre la serata, che si concluderà con il consueto brindisi con i vini in degustazione, sarà lo storico ravennate Paolo Cavassini.

Dopo Luciano Canfora, Guido Crainz, Mario Isnenghi, per il Caffè Letterario di Lugo sarà un grande onore ospitare un altro grande storico italiano di fama internazionale come Emilio Gentile che in questo suo ultimo saggio analizza la genesi della nascita del fascismo.  «La fine della loro storia, i protagonisti delle vicende narrate in questo libro, non la conoscevano in anticipo. E anche il lettore dovrebbe fingere di non conoscerla, se vuol capire il senso della storia».

«Fece fessi tutti»: la frase, niente affatto elegante ma volgarmente efficace, fu usata nel 1949 da Cesare Rossi, uno dei più stretti collaboratori di Benito Mussolini nei primi anni del fascismo, per descrivere l’abilità con la quale il giovane duce, alla vigilia della marcia su Roma, mise nel sacco tutti i maggiorenti della classe dirigente liberale, che avrebbero potuto impedirgli di diventare il capo di un nuovo governo. Giolitti, Nitti, Orlando, Salandra e Facta caddero nella trappola delle trattative condotte separatamente con ciascuno di loro, fra settembre e ottobre del 1922, ognuno pensando di essere scelto come presidente del Consiglio in un ministero di coalizione con la partecipazione dei fascisti. E mentre il duce trattava, il partito fascista mobilitava la sua organizzazione armata per la conquista del potere. Con la violenza delle squadre dominava gran parte dell’Italia settentrionale e centrale e sfidava apertamente lo Stato. Fu così che l’attimo fuggente catturato con la marcia su Roma divenne l’inizio di una nuova era.
Emilio Gentile, storico di fama internazionale, ha insegnato Storia contemporanea all’Università di Roma La Sapienza. Nel 2003 ha ricevuto dall’Università di Berna il Premio Hans Sigrist per i suoi studi sulle religioni della politica. È autore, tra l’altro, di L’apocalisse della modernità. La Grande Guerra per l’uomo nuovo (Mondadori), Contro Cesare. Cristianesimo e totalitarismo nell’epoca dei fascismi (Feltrinelli) e Le origini dell'ideologia fascista 1918-1925 (il Mulino).

sabato 16 febbraio 2013

Incontro con il fotografo ALEX MAJOLI al Liceo Scientifico


Sabato 16 febbraio, alle ore 17.00, nell'Aula Magna del LiceoScientifico Ricci Curbastro di Lugo, segnaliamo l'incontro con il fotografo  ravennate Alex Majoli.
Alex Majoli nasce a Ravenna nel 1971. Entra a far parte dello studio "f45" all'età di 15 anni. Nel 1989 diventa un fotogiornalista a tempo pieno e l'anno seguente entra a far parte dell'agenzia "Grazia Neri", producendo progetti fotografici sulle religioni in Italia e sulla guerra dei Balcani. Membro dell'agenzia "Magnum Photos" dal 2001, Alex Majoli continua a documentare conflitti in giro per il mondo per riviste come Newsweek, New York Time Magazine, National Geographic. Il suo ultimo progetto "Libera Me", riflessione sulla condizione umana, diventa un libro nel 2011. Majoli vive tra New York e Milano.


venerdì 15 febbraio 2013

"Declinare il verbo errare" di IVANO NANNI


Sull'incontro di venerdì 8 febbraio con il filosofo Massimo Donà e il suo libro “Filosofia dell’errore” edito da Bompiani

Tutti sanno della straordinaria capacità che hanno gli esseri umani di produrre errori. È così, l'errore prende tutti nella sua rete, è un dominio assoluto e vastissimo che accomuna insipienti e saggi, con la differenza che il saggio progredisce e trae vantaggio dal'errore, ne diventa amico e lo tratta con rispetto, anzi lo sbaglio gli è perfino congeniale. In qualche caso è addirittura cercato con spericolate manovre  intellettuali e giustificati paradossi, allo scopo altissimo di scoprire  nuove relazioni tra le cose.
Al contrario, per l'insipiente l'errore è fonte di un imprecisato stupore, ed è qualcosa da togliere di mezzo il più presto possibile, un inciampo inutile sulla strada che lo porta alla verità, messo naturalmente da qualcun altro nel tentativo di farlo desistere dal suo scopo (sempre futile) di giungere a una certezza assoluta, l'errore è qualcosa da dimenticare in un battere d'ali. Il risultato certo è la moltiplicazione dell'errore.
Commettere errori e moltiplicarli sembra essere una condizione speciale e incontrovertibile e ripeterli ha una sua malignità che alligna nella smemoratezza e nella perversione.
Per il saggio lo sbaglio è dunque un' apertura nello scenario del reale da non perdere, è l'opportunità di gettare il proprio occhio scrutatore oltre l'orizzonte basso del già visto, mettere il dito nella propria anima, se si può dire, e sapere qualcosa di più circa l'orientarsi nel mondo. 
Il filosofo ci insegna che ci si avvicina al vero secondo leggi dinamiche di correzione, attraverso passaggi tortuosi e periferici isolati e severi.
Inciampando e sollevandosi si misurano le forze, la prudenza si affina e imprime al pensiero nuove traiettorie di guida. La coscienza indica ai perplessi nuove possibilità di esplorazione e, se il sentiero si interromperà al limite di un dirupo sarà la contemplazione del dirupo e il sentiero percorso lo scopo dell'errare.
Il filosofo ci insegna che mondarsi dagli errori non è possibile.
Cerchiamo certezze  risolutive e otteniamo viluppi tormentati di dubbi dentro ai quali si resta in attesa di risposte.
Dunque gli errori individuali, le distrazioni, le deviazioni dalla retta via, gli equivoci, gli errori di linguaggio, le false rappresentazioni del vero, potrebbero considerarsi la materia del nostro conoscere, i mattoni con i quali passo dopo passo, sbagliando, costruiamo  e de-costruiamo il nostro essere, in un'incessante bisogno di dialettizzare il mondo?
<<…tollerava negli altri anche l'esagerazione e l'imprecisione, purché servissero ad afferrare qualcosa...>> ( da Atlante Occidentale, Daniele del Giudice ). Esagerazione e imprecisione sono entrambe modalità che esondano dall'equilibrio, sono però da considerarsi“ errori”? Potrebbero esserlo se non afferrano nulla, ma se lo fanno tracciano una nuova via. Dunque dipende sempre dal risultato. Le conseguenze si fanno sentire sulla procedura.
Perciò si può deviare, certamente, tuttavia se appena si lasciano i territori della dialettica, e si entra nel territorio della misura e del peso (il vero), allontanarsi da un percorso lineare quando è stato tracciato e se ne è verificato la bontà, può essere fonte non solo di inganno (sarebbe poco), ma può aver conseguenze pratiche gravi e immediatamente quantificabili. Pensiamo a tutti gli errori di procedura in un'attività pratica e che possono esseri commessi per i più svariati motivi e le conseguenze sul piano di valori assodati ad esempio economici o di salute. Ci muoviamo  in un campo minato da percorrere con molta prudenza e con il conforto di un filosofo, Spinoza,  per il quale l'errore non esisteva in quanto sarebbe stato in contraddizione con la sua idea di Natura come Dio. Esisteva solo l'ignoranza. Come dargli torto.
di Ivano Nanni

Poesia erotica e canzoni d'amore a Caffè Letterario


Una bella serata di musica e poesia dedicate all’amore ieri sera a Caffè Letterario con la voce di Benny P. e la chitarra acustica di Corrado Cacciaguerra. Una sera in cui, alle più belle e romantiche canzoni d’amore, si sono alternate le letture di alcune delle più belle pagine della poesia erotica di sempre; dai Carme di Catullo, alla poesia dialettale veneta di Giovanni Baffo per arrivare a Verlaine, Apollinaire e Carlos Drummond de Andrade. Il tutto arricchito, come d’abitudine nelle serate conviviali di Caffè Letterario, dalla proiezione di filmati, aforismi e dalle immagini di grandi capolavori della storia dell’arte erotica. Queste le foto della serata.






lunedì 11 febbraio 2013

Giovedì 14 febbraio - "AMORE & EROS" Le serate musicali-conviviali di Caffè Letterario


Giovedì 14 febbraio, alle ore 20,30 nel Ristorante dell’Hotel Ala d’Oro proseguono gli incontri musicali-conviviali del Caffè Letterario di Lugo con un appuntamento dedicato alla passione e al piacere; “Amore & Eros” questo il titolo  della serata per un San Valentino dedicato quindi alle più belle canzoni d’amore di sempre interpretate dalla voce di Benny P accompagnata dalla chitarra acustica di Corrado Cacciaguerra: da Sting a Nora Jones, da Gino Paoli a Pino Daniele… e alla poesia erotica di grandi autori come Pablo Neruda, Carlos Drummond de Andrade, Paul Verlaine… e poi come sempre nelle serate musicali di Caffè Letterario, un po’ di cinema d’autore, di storia dell’Arte, e aforismi vari…( Visto il tema particolare dell’incontro, la serata è vietata ai minori di 18 anni)
Degno di particolare attenzione è poi il menù a tema proposto dallo chef Giovanni Belletti che prevede:

Aperitivo di bollicine con mousse di salmone in morbida crema di sedano, mela verde e zenzero
Ombelico di Venere con mascarpone e noce moscata
Polpa tenera di maialino in salsa goduriosa
Bacio ingordo di cioccolato con zabaione e cannella
Caffè

€. 30,00 per persona bevande incluse
E’ necessaria la prenotazione – Tel. 0545 22388 - 3296817175



domenica 10 febbraio 2013

La serata filosofica con MASSIMO DONA'


Queste le immagini della serata filosofica di venerdì sera 8 febbraio con Massimo Donà che ha presentato il suo ultimo lavoro “Filosofia dell’errore” edito da Bompiani. Accompagnato sul palco dal filosofo lughese Giovanni Barberini, Massimo Donà ci ha aiutato a comprendere il significato di “errore” in senso positivo, come qualcosa che può aiutarci a vivere meglio, a mollare le redini rispetto a quell’ansia che abbiamo tutti nella vita quotidiana di voler sapere se stiamo facendo il gesto giusto.  Spesso si è alla ricerca di una verità che ci dia sicurezza, che ci faccia sentire al riparo dei pericoli e invece è possibile forse vivere in un modo più autentico solo se si acquisisce la consapevolezza che è molto più arricchente la complessità delle cose e che questa complessità va affrontata perché non è solo un pericolo: il rischio fa parte della verità!





domenica 3 febbraio 2013

Venerdì 8 febbraio - MASSIMO DONA' a Caffè Letterario


Venerdì 8 febbraio, alle ore 21.00, nella Sala Conferenze dell’Hotel Ala d’Oro, primo incontro del mese per il Caffè Letterario di Lugo con il filosofo Massimo Donà che presenterà il suo ultimo saggio “Filosofia dell’errore” edito da Bompiani. La serata, che si concluderà come sempre con il consueto brindisi offerto a tutti i presenti, sarà introdotta da Giovanni Barberini.
La comune definizione di errore è ritenere vero ciò che è falso o falso ciò che è vero, ma i filosofi ci hanno insegnato che uno “sbaglio” non è soltanto un “abbaglio”, ma qualcosa che investe in modo più radicale la nostra esistenza: per camminare dritto sulle proprie gambe, infatti, ognuno di noi ha dovuto prima inciampare molte volte. Così l’errore si mostra come una delle figure del pensiero che investe più àmbiti del sapere umano, capace di incrociare concetti fondamentali come “opinione”, “colpa”, “dolore” e “felicità”. Da Platone ad Agostino, da Cartesio a Heidegger, i più grandi filosofi hanno sfidato l’idea di errore per squarciare il velo di Maya che nasconde la verità. A nessuno di loro il vero si è del tutto svelato, nondimeno le prospettive che ci hanno offerto sono mozzafiato. Massimo Donà segue le orme dei maestri del pensiero per mostrarci come l’errore non è il negativo della ragione, ma un impulso decisivo per l’evoluzione dell’intelletto e della vita.
Massimo Donà è professore ordinario di Filosofia Teoretica presso la Facoltà di filosofia dell’Università “Vita-Salute” del San Raffaele di Milano. Per Bompiani ha già pubblicato: Filosofia del vino (2003), Sulla negazione (2004), Magia e filosofia (2004), Serenità. Una passione che libera (2005), Arte e filosofia (2007), L’anima del vino. Ahmbè (2008) e I ritmi della creazione. Big Bum (2009). Negli ultimi anni ha comunque pubblicato, tra gli altri, anche: Il mistero dell’esistere. Arte, verità e insignificanza nella riflessione teorica di René Magritte (Mimesis, Milano 2006), L’essere di Dio. Trascendenza e temporalità (Albo Versorio, Milano 2007), L’aporia del fondamento (Mimesis, Milano 2008), La “Resurrezione” di Piero della Francesca (Mimesis, Milano 2009) e Il tempo della verità (Mimesis, Milano 2010). In qualità di musicista, invece, ha inciso con Caligola Records sei CD: New Rhapsody in blue (2002), For miles and miles (2003), Spritz (2004), Cose dell’altro mondo (2006), Ahmbè (2008, contenuto nel cofanetto edito da Bompiani e intitolato L’anima del vino. Ahmbè) e Big Bum (2009, contenuto nel cofanetto edito da Bompiani e intitolato I ritmi della creazione. Big Bum).