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venerdì 18 maggio 2012

"Vite perfette, o quasi" di IVANO NANNI


Sull'incontro di lunedì 14 maggio con Eugenio Baroncelli e il suo libro "Falene. 237 vite quasi perfette"

Con pochi e rapidi tratti di penna Baroncelli traccia in una grafia acquosa e tormentata con picchi di impalpabile apprensione  le ampiezze di una vita intera sintetizzate nel rapido giro di poche frasi.
Sono quei brevi ritratti assimilabili a un volteggiare falenico di rapidi guizzi pittorici come fossero piccoli ritratti ad acquerello, microscopici impressioni del crepuscolo che svapora alle porte della notte, lasciando le sue ombre e le sue scie di incomprensioni come sono in fondo tutte le vite, fortemente incomprese.
E allora tutto quello che appare caotico nella vita di una persona prende il suo spazio, ed è uno spazio minimo che si dilata per il tempo di spandere un poco di inchiostro sulla carta e tracciare in breve, impressionisticamente, la traccia di una vita in un didascalico fermo immagine, un esempio di minimo spazio crepuscolare che diventa la confusa eredità di un attimo che lo scrittore intona come un'iscrizione lapidaria o un commosso commento, oppure un umoristico avvenimento.
È come se passasse sotto l'occhio dello scrittore di vite altrui, la stagione delle inettitudini o delle audaci imprese, a seconda dei casi, e su queste indicazioni l'autore tesse descrizioni, scrive appunti eretici, effonde vagheggiamenti, inalbera picchi metafisici o commenti lunatici, magici e nell'insieme prudenti come lo sono le vite gloriose o meno dei tanti che ritrae.
Quella di Baroncelli è la penna di un catalogatore metafisico, un ordinatore  di personaggi a volte improbabili e immensi e anche di altri meno noti che cercano come falene la luce, l'attimo di gloria che fatalmente non trovano, e se lo trovano non è mai come vorrebbero anche se ai posteri possono lasciare segni di grandezza o perlomeno di bontà.
Questi personaggi sfilano pagina dopo pagina nascosti da  un paravento di vaghezza malinconica e appaiono come luminose sagome essenziali, la cui perfezione è la stessa delle marionette sempre uguale a se stesse che parlano al pubblico con gestualità sempre uguali, segni incancellabili che cristallizandosi nel tempo diventano tradizione. Pertanto è possibile, per quanto difficoltoso, suggerire che la poetica delle esistenze altrui create dalla penna dell'autore è una storicizzazione dell'incompiutezza con la volontà forse inconscia di creare delle maschere che nel tempo potrebbero trovare un loro posto nel teatro didascalico delle voci erranti.
di Ivano Nanni


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