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sabato 12 giugno 2010

"Matematica e poesia si danno del tu" di IVANO NANNI

Sull'incontro con i matematici Bruno D'Amore e Giorgio Bolondi di lunedì 7 giugno 2010.
Matematica e poesia si danno del tu... dunque si parlano? Si. L'abbiamo saputo, non si detestano, non si ignorano, non sono separate in casa, non che si frequentino assiduamente, intendiamioci, si vedono preferibilmente ai convegni, ai seminari di studio, alle conferenze, anche se sarebbe opportuno che prendessero aria, non disperiamo, si troverà il modo di farle incontrare fuori dai fasti e nefasti delle sale di lettura, e lo faranno prima o poi, c'è una corrente di amicizia sotterranea che impetuosamente emergerà dalle parti di un giardino pubblico, all'aria aperta... già si sta muovendo... per il momento si trovano spesso a una mostra di pittori rinascimentali, a parlare di prospettiva... C'è chi proclama ad alta voce l'inutilità della matematica, lo scrive sui muri, e senza dubbio trova fan club per l'abolizione della matematica, e questo rientra nella goliardia più che nella critica, fa parte dello sberleffo di chi si sente escluso dal novero dei creatori di definizioni, o pensa che studiare la matematica sia un po' come consegnarsi all'indifferenza, equivalga a chiudersi in una bolla da cui guardare l'affanno del mondo e dominarlo spiegandolo con formule da cenacolo di pochi intimi; e potrebbe pure essere l'estrema forchettata nell'occhio del ciclone di una materia non amata perché non la si capisce proprio, come non si capisce cosa possa servire conoscere il greco quando ormai la Grecia pesa così poco, e la filosofia ha così poco appeal da essere relegata nel novero degli sfizi di pochi eletti che sanno il greco e sudano su Aristotele pensando magari a cosa avrebbe studiato Aristotole se fosse qui, oggi. Forse economia? Filosofia economica? Si sarebbe inventato una facoltà, lui, così creativo. Comunque ci si muova, si ha la sensazione di essere sempre a un bivio, da una parte una selva oscura, e dall'altra qualcosa che è poco meno di una giungla. E allora dove si va? Di qua o di là? Non pare che ci sia differenza... Ci affidiamo al caso e con il senno che a tutti ci è dato si principia a ragionare sui propri passi e ci si accomoda sul sentiero... “da un intrico di rovi al fin uscimmo, andammo oltre e più non dubitammo”. E qui, parliamo della certezza di trovare la via oltre un intricato sottofondo di trappole e tagliole che fanno saltare ogni tentativo anche fugace di mettere ordine nell'eccesso, nell'indubitabile sua espansività, il caos pervicacemente invasivo si prende tutto lo spazio che gli necessita per vivere, sconvolge l'ambiente in cui vorremmo vivere senza patemi, l'ambiente biologico in cui ci dibattiamo e viviamo più o meno bene, e se lo prende questo spazio come la giungla amazzonica si mangia l'asfalto appena rifatto, confermando un primato, ancorché minacciato dalle nuove tecnologie di pavimentazione stradale, che spetta alla natura che si riproduce senza rispondere a nessuna legge dell'uomo, battaglia dura contro la natura? In un certo senso sì... Contro questo eccesso di sproporzioni, la matematica e la geometria ammettono la loro preoccupazione, non tollerano la selva intricata di indicazioni e riferimenti utopici, sgangherati, confusi o ridicoli, e a tutto questo provano a mettere un argine, provano a risolvere gli eccessi di queste frane di senso, e provano a ridurre l'ammontare innumerevole di detriti che occupano la spazio quotidiano, siano immondizie sempre in eccesso prodotte e emarginate(messe ai margini ), sia che si tratti di detriti di notizie, avanzi che ci giungono all'orecchio come pulviscolo giornalistico dai media, dall'universo del web, spazio incontrollato per definizione, o da altre sorgenti non certificate,( l'inconscio collettivo urla la sua impotenza, e Jung protesta). Ci prova allora la matematica, a fare ordine con nuove formulazioni, ed essa ci indica non tanto una soluzione, quanto il modo con cui si deve intravedere una soluzione attraverso un'equazione, cioè un modo ordinato di trovare una soluzione a un problema che all'ultimo atto vuol dire spazzare fuori casa la sporcizia, eliminare i detriti che ci ingombrano il cortile. Trait-d'union con la poesia... In fondo la poesia si occupa della stessa cosa, meditazione su quello che rimane della creazione, ciò che è avanzato dall'esplosione nucleare della coscienza, e la poesia, quella meno ombelicale ci dice molto sulle deiezioni umane ideologiche e sul pulviscolo pregiudiziale che riempie l'aria e intoppa lo spazio di macerie non degradabili, la poesia ci avverte e ci fa entrare nella realtà dei numeri, già, la realtà. Ci si trova a parlare di spazio, il pensiero geometrico e matematico si occupa di spazio e proporzioni, si propone di uscire dall'intricata matassa del vivere servo di costrizioni, e costituire nuove leggi e dimostrazioni, allo scopo di palesare quello che eccede nello spazio e riportare tutto nelle giuste e armoniose proporzioni, è uno studio che riguarda da vicino la mobilità degli oggetti e delle relazioni tra gli individui e gli oggetti, e di questo tratta anche la poesia, c'è differenza allora tra le due esposizioni? Non sono criptiche entrambe al punto tale da far venire i calli alle meningi a forza di studiare per capirci qualcosa di quello che dicono? e non dicono alla fine la stessa cosa circa il mondo e come va e come dovrebbe andare? non offrono entrambe soluzioni critiche a problemi contingenti? e domande poetiche alle quali seguono equazioni, e definizioni assiomatiche a cui seguono definizioni in forma di rosa o di ritratto? di Ivano Nanni

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