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venerdì 6 febbraio 2009

"L'ottimismo impossibile" di IVANO NANNI

Sull'incontro con Salvatore Giannella di venerdì 30 gennaio
“Voglia di cambiare” è un titolo molto bello che si addice molto bene a un popolo impassibile come il nostro che pensa alle sfide della convivenza civile e alla sostenibilità ecologica come a un gioco di società che ha al suo centro la chiacchiera e non l’azione virtuosa e positiva. Mentre ascoltavo Salvatore Giannella parlare di come le altre nazioni affrontano e vincono le sfide alla sostenibilità ambientale nei loro paesi, sentivo crescermi dentro un intreccio di sentimenti da andavano dall’ammirazione allo sconforto, dalla pietà alla rabbia. Possibile che negli altri paesi sia così tutto facile e da noi, al contrario, tutto così complicato? Da dove nasce questo sadismo che mettiamo nel complicarci la vita? E pensare che non ci sarebbe nemmeno bisogno di elaborare delle idee nuove, basterebbe copiare quei progetti che i nostri vicini hanno messo in campo per uscire dall’asfissia della nullafacenza. Non ci sarebbe nulla di male nell’emulare le loro azioni virtuose, adattarle alle nostre necessità e sperimentare quello che da altre parti funziona bene. Ma paradossalmente non lo facciamo. Da noi la politica non mette al centro dell’azione il benessere della comunità, ma la battaglia tra gruppi politici opposti, il cui scopo prevalente è quello di bastonare la parte avversa umiliandola con gogne e forche caudine. Per cui ogni energia invece di essere impiegata per progettare il benessere comune è volta a combattere sempre su due fronti. Uno esterno che consiste sostanzialmente nel denigrare gli oppositori politici, fare promesse insostenibili, confondere gli elettori con una propaganda sviante. Chiunque abbia avuto l'occasione di seguire qualche dibattito politico televisivo ne è uscito abbattuto e senza speranza. Sembra di assistere al traffico di rigattieri che discutono del prezzo di un secchio sfondato o dell'eredità di un barbone che lascia i suoi cartoni a una banca d'affari. Battaglie risibili come si capisce, la politica nostrana finge compromessi e prepara vendette, in questo bollore di fango ci sguazza; poi sul fronte interno, dove ci si guarda le spalle dagli amici e si regolano i conti con le fazioni e le sottocorrenti. In fondo non siamo ancora usciti dalle lotte per le investiture e dalle trame di corte, e le energie migliori vengono spese per affilare i coltelli dei sicari. Una perversa logica dell’alternanza prevede che chi vince le elezioni cancella quello che gli altri hanno fatto e non importa se in mezzo c’è qualcosa di buono. Si butta tutto. Tutto in discarica senza differenze. Ma se c’è una lezione importante da ricavare dal libro di Giannella riguarda proprio la cooperazione come unica fonte di sopravvivenza per l’uomo confinato nel suo complesso habitat, fatto di natura e tecnologia,di innovazione e di profitti temperati da un umanesimo non di facciata. Facilitare la vita di tutti è il primo dovere di una nazione, cioè inventare soluzioni che prevedono due cose: la conservazione dell’ambiente e l’efficienza dell’amministrazione. Che è come dire ecologia e onestà. Filosofia dell’ambiente ed etica della convivenza civile. E la prima raccolta differenziata dovrebbe essere questa. Ma se non siamo in grado di distinguere le idee buone da quelle cattive ancorché vengano da parti a noi non congeniali che prospettive abbiamo nella raccolta, per dire, del pattume? Sarà il solito caos da spreco, ammesso che riesca a partire qualcosa in quel senso. Il primo ambiente da rispettare è il campo avversario; ma per fare questo si deve ammettere che si vive in una comunità e non in una corte interna, si deve ammettere che le soluzioni ai problemi sono contingenti e mobili, che si deve essere duttili e capaci di rinunciare alle proprie opinioni se ne giungono di meglio da altre parti, si deve anche ammettere che nessuno ha il diritto di prendere più spazio di quello che gli serve per vivere una vita dignitosa, e si deve ammettere che il nostro vicino ha i nostri stessi diritti e che l’efficienza di un sistema parte dal riconoscimento che ognuno può essere meno stupido nei comportamenti se si riconosce che la stupidità è una fonte rinnovabile e si fa qualcosa per contenerne le conseguenze. Disgraziatamente ho l’impressione che ci siamo impantanati in due delle tre categorie previste dallo storico Carlo Cipolla che in un suo divertente trattato –Allegro ma non troppo- suddivide i tipi umani in tre classi. Gli intelligenti che compiono azioni che portano vantaggi a tutti, i cinici che fanno cose che portano vantaggi a se stessi e non ad altri, e gli stupidi che fanno del male a se stessi e agli altri. È lampante che abbiamo piantato le nostre bandierine nelle categorie due e tre, credendo stupidamente che gli stupidi sono tutti gli altri che non l'hanno fatto. Ivano Nanni

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