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Sala conferenze - Hotel Ala d'Oro

Via Matteotti, 56 - 48022 Lugo di Romagna - (Ravenna) - Italia
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mercoledì 7 gennaio 2009

Mercoledì 14 gennaio - SERENA ZOLI a Caffè Letterario

Primo appuntamento del 2009 di Caffè Letterario, mercoledì 14 gennaio alle ore 21,00 nella Sala Conferenze dell'Hotel Ala d'Oro, con la giornalista di origine lughese Serena Zoli che presenta il suo ultimo lavoro "Il lavoro smobilita l'uomo" edito da Longanesi pochi mesi or sono. A introdurre la serata interverranno il Sindaco di Lugo Raffaele Cortesi e il Presidente della Commissione Lavoro del C.N.E.L. Giuseppe Casadio. C'era una volta il lavoro... E ora? Negli ultimi due decenni, o poco più, il lavoro ha subito uno stravolgimento che lascia smarriti. Era il pilastro centrale del nostro mondo. Oltre alla sicurezza economica, sostanziava le nostre identità e i nostri sogni, individuali e collettivi, e dava un forte senso di appartenenza a un'azienda, a un progetto, a una società. Poi il lavoro si è "corrotto": ristrutturazioni, informatizzazione, nuove tecnologie, delocalizzazioni, soprattutto l'imporsi dell'ideologia del profitto - tanto, benedetto e subito - hanno intaccato il valore portante del Novecento rendendolo "flessibile", effimero, incerto. Mentre la globalizzazione dissotterra un nuovo antico "lavoro": la schiavitù. L'autrice ripercorre queste tappe, anche con testimonianze e interviste a studiosi, esplorando il senso di precarietà e l'insicurezza che stanno invadendo i singoli e la società, e la paura che si insinua: il sole tramonta davvero a Occidente? Serena Zoli, nata a Lugo di Romagna (Ravenna), giornalista, ha lavorato a lungo alle pagine culturali del Corriere della Sera. Tra i suoi libri: Quand’ero piccolo credevo che... (Mondadori) e Storie di ordinaria resurrezione (e non) (Rizzoli). Come di consueto la serata si concluderà con l'abituale degustazione di vini.

Da "Il lavoro smobilita l'uomo" di Serena Zoli PREMESSA L'Italia è ancora una Repubblica fondata sul lavoro, come serenamente afferma l'articolo 1 della Costituzione? O non si fonda piuttosto sulla finanza? Oppure sul lavoro un po' sì e un po' no, un lavoro a scatti? O sul mercato? Una Repubblica di commercianti. O pilastro centrale non e forse ora il consumo, vero volano dell'economia? Ma no, secondo alcuni la centralità del lavoro e persa in quanto trasmigrata — o trasmigrante — nel suo opposto, il tempo libero. Siamo o saremo presto alla leisure society? Una Repubblica di vacanzieri? Di certo c'è solo — e indubitabilmente — che qualcosa e cambiato nel lavoro e attorno al lavoro. Radicalmente. Un pomeriggio d'inverno, ed è già buio, vedi da una finestra illuminata — di quelle che incuriosiscono: che vita ci sarà dietro? - l'ultimo ripiano di uno scaffale. Grandi buste, forse impolverate, raccoglitori, cartelle straripanti di disordinati fogli. E subito ti prende, cuore e stomaco, un inconsulto struggimento. È nostalgia. Ma di che cosa? Poi con stupore capisci: è nostalgia del lavoro! Ma esiste, una tal nostalgia? E perché poi? Nel lavoro, ci sei tuttora immerso; certo, da qui alla pensione il tempo è ora misurabile, ma la distanza si conta pur sempre in vari anni. Chissà, forse basta quell'orizzonte non più velato... Forse è il « buco » che s'intravede oltre, il salto incognito, che già inquieta. Sì, è questo. La fine del lavoro assomiglia alla fine della vita. E' la fine di una vita. L'età adulta è prevista per l'attività produttiva e per combaciarvi nel tempo, e le età precedenti sono di preparazione a questo fine. Niente, invece, prepara al dopo. Non c'è una via univoca, né più vie certe tracciate. Sì, è proprio questo. Ma c'è dell'altro nell'imprevi¬sto struggimento di un tardo pomeriggio d'inverno. Nostalgia «preventiva» rispetto all'uscita dal lavoro, ma anche nostalgia del passato, com'è proprio che sia: è nostalgia del lavoro com'era, in un tempo non archeologico, databile in un paio o poco più di decenni fa, dunque ben a memoria d'uomo (e di donna) ancora in attività. O pure di impiegati e operai e imprenditori più giovani, per aver intravisto - e assaporato -tutta un'altra temperie agli esordi o per averla «vissuta» attraverso gli impieghi di padre e madre.

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