Pagine

Sala conferenze - Hotel Ala d'Oro

Via Matteotti, 56 - 48022 Lugo di Romagna - (Ravenna) - Italia
Per Informazioni : 0545 22388 - claudio@aladoro.it
Iscriviti alla newsletter di Caffè Letterario sul sito http://www.aladoro.it/

venerdì 5 dicembre 2008

"Passaggi e paesaggi" di IVANO NANNI

Sull'incontro con MASSIMO CARLOTTO di mercoledì 3 dicembre Qualcuno ha percorso il tragitto inverso e ha sfidato la censura e il reato di diffamazione. Relativamente protetto dallo scudo della finzione ha ribadito con forza il diritto a raccontare di certi figuri e delle loro azioni umanissime e meschine, delle loro macchinazioni. È una provocazione letteraria, certo. I vuoti lasciati da giornalisti preoccupati per il loro posto e per la casa al mare, ha permesso a certi scrittori ben attrezzati, di attraversare il deserto. Senza compromessi di sorta hanno messo in cantiere le storie lasciate marcire nel dimenticatoio della Repubblica. Terreno scivoloso e infido. Eppure era una sfida da prendere in seria considerazione. E qui, paradossalmente, si deve ringraziare di vivere in un paese caotico e in retromarcia, e di avere dei giornalisti che invece di informare intrattengono il gregge belante. In Italia le carenze sono delle apparenti negatività. L’uso dell’omologazione e dell’intrattenimento a tavoletta ha agito da narcolettico insinuando che l'informazione richiesta fosse solo quella scandalistica, morbosa, che tratta di penosi fatti di follia e di coatti. È la strategia dello spazzino fannullone che spazza il sudiciume sotto il tappeto. Si è spenta la luce del giornalismo di inchiesta e si è acceso contestualmente il riflettore di una narrativa ibrida e dai margini non bene identificabili. L’effetto notte, alla Truffaut, è stato mirabolante e anche proficuo. Se è vero che ora per informarsi su certi movimenti di mafie dobbiamo leggere Carlotto, e Saviano, se vogliamo avere notizie sul Sistema( la camorra), e se vogliamo avere cognizione di certa storia recente che parte, ad esempio, dalla Magliana e arriva alla P2, dobbiamo leggere De Cataldo, significa che in Italia, per lo meno, la creatività letteraria tanto più cresce, quanto più il monocorde contesto politico e istituzionale degrada e si inabissa nel turpiloquio. Più la politica si nasconde e grufola nei bassifondi dei trabocchetti e dei pizzini, più la letteratura s’accinge a scrutare nei misteri d’Italia, e con successo. Carlotto ad esempio, prende la strada del noir e del giallo, ma lo fa stravolgendone il genere. Non consente al racconto poliziesco di mettere le pantofole al lettore. Non lo ipnotizza con una griglia di invenzioni macchinose, e soprattutto non lo consola, non gli prefigura un onesto finale con soluzione prevedibile. Al contrario lascia che il lettore covi le sue perplessità, lo sazia di dubbi, e alla fine lo deprime, se così si può dire, con un finale per niente confortante. Cioè “incredibilmente” vero. Ad esempio. Il protagonista di -Arrivederci amore, ciao-, è una carogna poco simpatica, senza scrupoli e vincente. Fa fuori tutti quelli che gli stanno vicino e si riabilita grazie a un politico, pure lui vincente e corrotto. Una specie di santificazione in negativo. Tutto il contesto che gira attorno a questo “eroe”, sembra fatto apposta per esaltarne la figura che giganteggia per oscenità e violenza. Una violenza perfetta che non prende mai le distanze dall'ambiente in cui si applica, non ha cedimenti nemmeno di fronte all’onesta figura della fidanzata che alla fine uccide, e di un’altra donna ricattata. Sguazzando nel torbido di una provincia non più florida, vive da ricattatore a sua volta ricattato per il suo passato di terrorista e assassino senza scrupoli. Egli è un vincente perché si muove comunque all’interno di una società che espelle i migliori ed esalta i farabutti gettando nel fango le leggi e le regole. In questo romanzo cupo e pieno di delitti, manca la tragedia finale, la morte o l'espiazione del protagonista. Carlotto non indulge nella perversione di un finale buonista, ma lucidamente ammette che il cinismo è impunito in una società che ne è il veicolo e il fondamento. Tuttavia descrive una parabola tragica; ed è l'annientamento di un ecosistema vitale, fatto di leggi, natura e relazioni umane, manifestamente nel disbrigo delle faccende quotidiane di uomini corrotti senza dignità, sprezzanti della vita altrui e dell'ambiente in cui operano per avidità. Continuando. In -Perdas de fogu- l'abuso e la mortificazione della terra fa da sfondo a un altro ricatto, e rimarca l'uso incontrastato e criminale di privilegi che hanno consentito al Potere( in questo caso militare) un viatico per la deformazione e la corruzione inqualificabile della terra e degli uomini. C'è sempre corruzione e potere. Potere e perversione. È questa la grande oscenità di cui parla Carlotto nei suoi libri. Ovvero, di come l'uomo possa essere carnefice dell'uomo credendo in una colossale mistificazione. Credendo nella vanità del Potere, di qualunque potere pone se stesso come ultimo argine alla distruzione, e senza percepirne il pericolo, si suicida pensando di essere vincitore. Perché alla fine di tutti gli inganni, e ottenute piccole soddisfazioni di dubbia dignità, rimarrà permanente la deturpazione della natura e lo sfregio perpetuo all'ambiente, a perenne testimonianza di ambizioni fallite, e di sentimenti senza una direzione e uno scopo che non sia quello del profitto a scapito di qualunque essere vivente.

Nessun commento:

Posta un commento