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venerdì 10 ottobre 2008

"Otium semper otium" di Ivano Nanni

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una bella riflessione di Ivano Nanni sulla incantevole serata di mercoledì 8 ottobre con l'archeologa Maria Grazia Maioli che ha presentato la mostra "Otium" attualmente in esposizione a Ravenna nel complesso di San Nicolò.
"Otium semper otium." di Ivano Nanni La Venere callipigia che con tranquilla lievità offre al nostro sguardo “ozioso” il pregevole spettacolo del suo posteriore perfetto, induce a pensare quanto i romani considerassero divine le forme umane e quanto terrena fosse la divinità che con prestanza fisica assoluta si presentava con tanta bellezza, suscitando di certo ammirazione imperitura in tutti quelli che frequentando il circolo ricreativo del ricco magnate godeva i privilegi dell’ospite, le gioie dell’amicizia, e il diritto al sanissimo otium filosofico. E se pensiamo anche all’ilarità provocata da un fauno, che in cerca di accoppiamenti trova il suo amore in una capra, allora davvero si capisce che il mondo della virilità e dell’amore, la bellezza e il passo felpato del filosofo nel suo giardino sono le tappe di una ricostruzione storica di un tempo remoto, antico, che parla al nostro cuore come gli avi, forse davvero più moderni dei moderni, sanno fare. Si è perciò indotti a credere all’archeologia come magia, come svelamento di un mistero, di una vera e propria investigazione di tracce umane e nel contempo divine non tanto e non solo per quello che si trova ma per come lo si trova. C’è nel lavoro dell’archeologo una peculiarità che si trova solo nei monasteri; quella qualità particolare che ispira i frati certosini a miniare i sacri testi con la pazienza che pare essere un’eredità antropologica preservata dai tempi degl’apostoli, e all’archeologo fa spazzolare con la stessa delicatezza e pazienza un frammento di una ignota statuetta. Questo scienziato di arti e costumi antichi nel suo calarsi dentro alla terra in stretti cunicoli, scovando nicchie ammuffite, volte dagl’affreschi scrostati, statue monche, teste screpolate dai nasi camusi e rosicchiati dal tempo, vasellame,papiri rotoli e volumen in scaffali lignei ai lati di anfiteatri che hanno concesso ai suoi ospiti momenti di gioia, ha donato a noi, che del loro lavoro pazientissimo siamo i destinatari, la traccia di un cammino che in fondo noi stessi come gli antichi abbiamo percorso nei nostri sogni più belli, indotti a questo dalla propensione alla tranquillità e all’amore. Questa ricerca specifica che tratta in fondo di piacevolezze e cura di sé orienta perciò il nostro gusto, lo definisce meglio e di più e ci rende un po’ meno alienati e assenti. Ci racconta di quella parte della casa, che compresa nel peristilio e meglio definita dal triclinio dove ben nove amici potevano addossarsi gli uni agl’altri bevendo e mangiando, dove si spendeva la parte migliore di se stessi, dove il padrone di casa: il ricco,il filosofo, il medico, o il senatore, aveva cura che ognuno desse il meglio di sé senza quelle remore che sono il triste retaggio dell’opposto dell’otium. Non che il negotium non fosse importante, la prima parte della casa ci parla di questo. Tra l’atrio dove si accalcavano i clientes e la parte nobile della casa, centro della quale era lo studiolo del patronus, ci stava il tablinus, il bel tavolino treppiede sotto al quale un mosaico di pesci ricordava lo scorrere della vita identica allo scorrere delle acque;e seduto a questo tavolino il padrone riceveva e discorreva d’affari. Attendendo a questo lavoro con particolare attenzione traeva poi gli auspici per un ritorno ai momenti preferiti della giornata, cioè al tempo della conversazione con amici fidati, alle passeggiate nel giardino parlando di anima e bellezza come di certo poteva fare Ermarco l’epicureo, poteva sedersi sulle panche a riposarsi tra le erme e le statue ad ascoltare il gorgogliare di un fiotto d’acqua che sprizzava vivido dalla bocca di due pesci di bronzo. Oppure quando proprio si voleva rendere omaggio alla propria ricchezza ci si lasciava scivolare con candida dolcezza nelle acque calde delle terme domestiche. La Summa teologica della salute: Calidarium, tepidarium, frigidarium. Sembra il rosario del benessere al quale al colmo potrei rispondere senza timore di essere scambiato per un penitente, da bravo catechista dell’otium, in omnia saecula saeculorum. Da parte mia perseguo come posso il personalissimo otium che il tempo in cui vivo mi permette di vivere, ammiro quello dei romani e invidio soprattutto le domus e le ville dei ricchi ai quali i nostri ricchi cercano di aggiornarsi sforando spesso nella pacchianeria. Mi risulta che solo Paul Getty senior ce l’ha fatta a vivere come un antico romano, a suo tempo si fece costruire solo molto più grande, una villa copiata da quella di un noto patrizio romano e la riempì della sua notissima collezione d’arte moderna . Un vero mecenate, uno spirito antico. Penso che a queste condizioni di censo potrei anche supporre di desiderare con un salto temporale di viver al tempo di Roma Imperiale, ma considerando la mia genealogia credo che a quei tempi avrei potuto solo occuparmi debitamente di un’infame negotium qualunque, come adesso. Perciò non potendo fare altro plaudo a questi tempi che per niente aulici e perennemente in bilico permettono però a tutti, volendo, e cercando nel verso giusto, quel po’ di otium che in altri tempi era davvero solo aristocratico.

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